domenica 2 febbraio 2020

IL CAVALLO DEL RE

Cavallo Neapolitano


Durante le manifestazioni o le conferenze di Equitazione Storica mi chiedono spesso quale sia la razza piu’ indicata per questa disciplina come spesso avviene per l’utilizzo di razze specifiche nelle altre specialità. La mia ricerca è partita da lontano, dai trattati del XV e XVI secolo dove era frequentemente nominato il Corsiero Napolitano. Questo soggetto, possente morfologicamente e potente per la guerra, era preso in considerazione da moltissimi nobili e sovrani del tempo. Basti pensare a Giuliano de’ Medici che per la sua Giostra di Firenze del 1475, ebbe regalato da Ferrante d’Aragona, dal suo personale allevamento di Neapolitani, un magnifico esemplare da guerra particolarmente indicato per la Giostra in questione.


Galileo di San Paolo

Il Corsiero, cavallo da corsa o da guerra, ha subito moltissimi incroci dal 1450 al 1800 ed i tratti salienti del primo periodo rinascimentale si sono persi poi per le esigenze successive militari
Di fatto, nel millecinquecento e nel milleseicento si ebbero nel contempo, una ragguardevole ispanizzazione di cavalli dell'ex reame di Napoli ed una non trascurabile napolitanizzazione di cavalli di Spagna e Portogallo. In pratica gli allevatori del tempo, rinsanguavano reciprocamente i cavalli per ottenere delle linee piuttosto di altre. Non esistendo un registro di razza, ogni nobile aveva la propria linea. Con il termine corsiero (o corsiere) infatti, si designava, tra la fine del Medio Evo e l'inizio dell'Età Moderna, il cavallo da combattimento, la cui andatura più veloce (il corso, cioè il galoppo) lo differenziava dal portante, ossia dall'ambiatore usato prevalentemente per lunghi e comodi trasferimenti in sella: era, insomma, il nome funzionale della razza. L'aggettivo napolitano ne indicava l'origine geografica, non limitata esclusivamente a Napoli come abbiamo detto, ma estesa, fino al 1860. all'intero Regno di Napoli.

Corato - Cavallo Neapolitano di razza Murgese

Tuttavia oggi si fa enorme confusione nell’indicare il reale successore di questo grande protagonista Rinascimentale.
Il primo errore che si commette è quello di considerare il Corsiero Napolitano come una razza definita. Tutti i trattati e documentazioni che partono dal XV secolo, fanno intendere che il Corsiero non è una razza, ma un insieme di razze con una simile attitudine, allevati non solo a Napoli come può ingannare il nome, ma nel meridione d’Italia, soprattutto nelle zone pugliesi e della Basilicata.
Dal XV Secolo in poi, il Meridione già crocevia di passaggio per le Crociate dal XII Secolo in poi, ha visto nelle sue terre molteplici razze provenienti da tutta Europa che proseguivano per la Terra Santa. Da quest’ultima provenivano invece cavalli molto piu’ agili e veloci dei nostri “europei” adatti alla Cavalleria pesante. Dall'incrocio di questi, si è ottimizzato un cavallo adatto per la guerra: il Corsiero Napolitano.

Allora oggi il Corsiero Napolitano è perduto?

Non proprio. E’ evidente che non possiamo vantare alcuna continuazione genealogica con l’antico Corsiero, anche perché come abbiamo visto non era una razza, ma un insieme di incroci che i Nobili del tempo facevano nei loro allevamenti come i Conti d’Acquaviva d’Aragona.
E da questi allevamenti, oggi in Puglia, abbiamo una delle razze piu’ rappresentative e sicuramente piu’ simili morfologicamente all’antico Corsiero: il Murgese.
Tale razza fu denominata alla fine degli anni venti del secolo scorso sulla base di una selezione di soggetti esistenti locali. Il primo stallone a cui si fece riferimento, come ben specificato dal Regio Deposito Cavalli Stalloni di Foggia, era un “oriundo della razza Conversano” di nome Schiavone. La Razza Murgese dunque, nonostante tutti gli incroci avuti nei secoli ha mantenuto le caratteristiche su alcune linee, dell’antico Corsiero e per tale motivo, viene prediletto anche dalla Real Cavallerizza di Napoli come imponente soggetto rappresentativo.

Don Claudio da Roma monta Corato

Trattati
Ferraro, autore del trattato “Il Cavallo frenato”, interpreta nel suo scritto l'ideale del cavallo Napolitano piuttosto pittorescamente:

"Del leone, egli ha il petto, l'animosità ed il posteriore, del Bue il corpo, le articolazioni e gli occhi, della volpe la bocca, magrezza e le orecchie, del maiale l'appetito e il sovrappeso, senza il quale il calore naturale rimane male, della donna il ritmo e la determinazione, del gallo l'elevazione dei piedi piacevole da guardare.


Cosimo I de’ Medici
Tali cavalli erano amati e venduti in tutto il mondo. Persino nella descrizione di Firenze nell'anno 1598 da parte del principe germanico Ludwig Anhalt-Kothen, compilata in lingua italiana, nel 1859, dallo storico e filosofo di Aachen Alfred von Reumont, si legge il seguente brano sulla statua equestre in bronzo, eseguita tra il 1587 ed il 1594 dal Giambologna, che campeggia in Piazza della Signoria a Firenze di Cosimo I de’ Medici:
"Sulla piazza maggiore sta la figura del granduca Cosimo; esso monta un gran cavallo napolitano che posa sopra due piedi, in modo da non saziar mai l'occhio per la bellezza dell’artifizio."

Statua Equestre del Giambologna di Cosimo I dè Medici su Cavallo Neapolitano


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