venerdì 31 marzo 2017

Reggia di Portici (Napoli) - Il Reale Galoppatoio


Il Rinascimento Equestre Napoletano è iniziato da tempo, non con molte difficoltà, con un dialogo molto complesso con le Istituzioni che faticano a comprendere il reale senso di queste iniziative. Nonostante tutto, il nostro lavoro si sta vedendo per bene in giro, ed il “popolo” ha compreso davvero il tutto incoraggiando e sostenendo lo sviluppo di questo sogno.
Una delle realtà che mi sta particolarmente a cuore in questo periodo è sicuramente la Reggia di Portici che con il suo Galoppatoio potrebbe diventare la “Vienna” d’Italia. Senza dimenticare, come emerge dallo scritto di cui sotto, che Vienna è stata costruita sulla base della Magnificenza di Portici e condendo il tutto con il primato dell’Arte Equestre che Napoli ha avuto fin dal XV secolo, possiamo ben comprendere le potenzialità che avrebbe questa Reggia con una ricollocazione della nostra Real Cavallerizza appena rinata.
William Cavendish, primo duca di Newcastle, nel trattato A New Method and Extraordinary Invention to Dress Horses and Work them according to Nature del 1667 scrive: “Questa Nobile ed Eccellente Arte fu in primo luogo iniziata e inventata in Italia, dove tutti i Francesi e molti di altre Nazioni andavano per impararla: questo avvenne a Napoli, dove venne costruita la prima Accademia per montare a Cavallo”.François Robichon de La Guérinière, il più illustre cavaliere e maestro francese, nella sua Ecole de Cavalerie, nel 1731 ribadisce inoltre che la Scuola napoletana di equitazione “aveva una così gran reputazione, che la si considerava come la prima del mondo”.


La realizzazione di un Maneggio Coperto si lega quindi all’antica storia della scuola di equitazione napoletana. Nel 1532 Federico Grisone, nobile napoletano, aveva aperto la prima Scuola di Equitazione, proseguita dal suo allievo Giovanni Battista Pignatelli che fondò l’Accademia Napoletana di Arte Equestre: questa passione, oltre a essere utile, era diventata simbolo di potere e di prestigio per le famiglie nobili. Carlo III di Borbone istituì a Napoli allevamenti con i migliori cavalli del Regno.
L’edificio del Maneggio Coperto di Portici – oggetto dell’intervento di seguito descritto – nasce in relazione alle trasformazioni del Palazzo Mascabruno, una struttura su più piani volta ad ospitare le truppe della Reale Cavalleria Borbonica. Al piano terreno si trovavano la scuderia, i magazzini, la selleria, le prigioni, la sala scherma, la cavallerizza e i laboratori di sartoria, di calzature, ecc.; sul fondo, nel secondo cortile vicino al Maneggio, le stalle dei cavalli.
Le storie del Maneggio e del palazzo si intrecciano con quella della fabbrica della Reggia di Portici, voluta dallo stesso Carlo III; durante la costruzione del Palazzo Reale il Regio Ingegnere Giovanni Antonio Medrano trasformò l’ex Palazzo Mascabruno in “comodi di cavalleria”; l’ingegnere Tommaso Saluzzi progettò le Reali Scuderie a ne diresse i lavori, iniziati tra il 1740 e il 1753. L’incertezza è dovuta probabilmente alla sospensione degli scavi di fondazione a seguito di ritrovamento di una sontuosa villa romana: il sovrano diede ordine di scavare una grotta dal lato della strada pubblica, da cui era possibile calarsi per visitare la villa (tra i reperti rinvenuti l’aquila di marmo con le lettere Q. P. A., attribuita a Quinto Ponzio Aquila, attualmente ancora nello stemma del Municipio di Portici).
Con i lavori diretti da Saluzzi, il boschetto fu sostituito da una prateria e il palazzo fu trasformato per essere utilizzato come caserma e scuderia della Reale Cavalleria, dotata anche dello spettacolare e maestoso Maneggio Coperto, costruito tra 1775 e il 1794.
L’edificio rettangolare del Maneggio Coperto di Portici è posto all’estremità occidentale del complesso delle Regie Scuderie. Ha un’altezza pari a tre piani del palazzo limitrofo, a cui è collegato da un muro più basso: il muro, in origine, attraverso una porta centrale, conduceva ad ambienti oggi abbattuti. Il Maneggio rappresenta, con quello presente all’ interno del Palazzo Imperiale di Vienna, un rarissimo esempio di galoppatoio per l’addestramento dei cavalli. Si ispira al modello viennese per la forma rettangolare allungata e i due ordini di aperture sulle pareti; a Portici mancano il loggiato del re e le gallerie per il pubblico. Nella costruzione del Palazzo Reale di Portici – in ogni caso – esercitò molta influenza la moglie di Carlo III di Borbone, Maria Amalia di Sassonia, particolare che lascerebbe pensare che il riferimento viennese non sia casuale.
Purtroppo l’intera decorazione è andata perduta ed è visibile solo la straordinaria carpenteria lignea, composta dagli elementi di collegamento con le capriate e dal graticcio che portava la decorazione. I documenti storici riportano che la volta fosse in canne e gesso e, presumibilmente, che dovesse avere decorazioni a stucco e figurate, come quelle che ancora oggi abbelliscono le volte del galoppatoio viennese.
Da Palazzo Mascabruno si passa al Maneggio da un cortile che oggi si presenta con la nuova sistemazione dell’architetto Massimo Pica Ciamarra. Qui è possibile vedere l’intero prospetto laterale dell’edificio, scandito da una regolare partizione a stucco di lesene e fasce marcapiano in cui sono inseriti due ordini di finestre ovali, una delle quali sovrasta il portale di ingresso a sesto ribassato.
Sul lato occidentale una porta conduce a locali di servizio distribuiti su due piani. Come si evince dal disegno di F. De Martino del 1870, i locali direttamente collegati al Maneggio erano adibiti a magazzini, mentre l’ultimo vano, diviso dagli altri e collegato al cortile, era usato come “Lavatoio”: qui è ancora possibile vedere alcuni anelli per il blocco dei cavalli.

Galoppatoio restaurato

Sul lato meridionale dell’edificio, si trova una pregevole scala settecentesca con balaustra in pietra e resti di un modellato architettonico interessante. La scala conduce al parco inferiore e, probabilmente, era usata dal re per arrivare direttamente al Maneggio.
Della straordinaria storia che ha accompagnato questo monumento, purtroppo non è possibile individuarne gli elementi caratterizzanti.

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