sabato 31 ottobre 2020

DELLE " VOLTE "

 


Gli antichi Ecuyers inventarono le volte per rendere il loro Cavalli più agili nei combattimenti di spada e di pistola, che erano molto in uso prima della proibizione dei duelli. Ci si è sforzati di indurre nei Cavalli molta obbedienza e velocità sul circolo per renderli più agili e più pronti a girare diligentemente e più volte la groppa, sia per sopravanzare quella del nemico, sia per evitare di lasciar guadagnare la propria, facendo sempre testa a quella del proprio avversario. In seguito si fece di questo un esercizio da maneggio, in cui si strinsero sempre più le anche per dimostrare la capacità del Cavaliere e la destrez­za del Cavallo; perciò si possono ammettere due tipi di volte: quelle che servono al lavoro di guerra e quelle che si fanno per il piacere del maneggio.

Nelle volte che raffigurano il combattimento non è possibile guidare un Cavallo su un quadrato, né andare su due piste, poiché in questa posizione non si potrebbe raggiungere la groppa del proprio nemico: bisogna fare ciò su una pista circolare e mantenere soltanto una mezza anca in dentro, affinché il Cavallo sia più saldo sul suo treno posteriore. Poiché si tiene l'arma nella mano destra, che per questo motivo viene chiamata la mano di spada, bisogna che un Cavallo da guerra sia molto sciolto a destra, infatti è raro che si cambi di mano, a meno che non ci si debba battere con un mancino.

Quanto alle volte che riguardano il maneggio di scuola, esse devono essere fatte su due piste, su un quadrato, i cui quattro cantoni o angoli vengano arro­tondati con le spalle, quello che si chiama abbracciare la volta. Questo esercizio su due piste è tratto dalla groppa al muro: lezione dopo la quale si incomincia a met­tere un Cavallo sulle volte rovesciate, che servono all'inizio per ben eseguire le volte ordinarie.


Quando un Cavallo sarà obbediente nella groppa al muro alle due mani, lungo la parete, bisognerà, rovesciando la spalla a ciascun angolo del maneggio, conti­nuare a tenerla in questa posizione lungo le quattro pareti, finché egli non obbe­disca liberamente a ciascuna mano. Bisogna, in seguito, ridurre il quadrato for­mato dalle quattro pareti del maneggio, in un quadrato più stretto, come è rap­presentato dalla tavola, tenendo la testa e le spalle del Cavallo verso il centro, rovesciando, o piuttosto trattenendo, le spalle all'estremità di ciascuna linea del quadrato, vale a dire a ciascun angolo, affinché le anche possano raggiungere l'al­tra linea.

Benché la testa e le spalle di un Cavallo che viene fatto trottare alla corda o che si distende su dei circoli con la groppa all'esterno, si trovino verso il centro, non bisogna per questo credere che queste siano delle volte rovesciate, come qualche Cavaliere confonde; la differenza è notevole: poiché quando si porta un Cavallo su dei circoli con la testa all'interno, la groppa all'esterno, sono le gambe interne che si distendono, cioè che passano al di sopra di quelle esterne, lezione che noi abbiamo dato per preparare un Cavallo ad andare in spalla in dentro; ma nelle volte rovesciate, sono le gambe esterne che devono passare ed accavallare al di sopra di quelle interne, come nella groppa al muro, cosa ben più difficile da far eseguire al Cavallo, poiché, in quest'ultima posizione, egli è più raccorciato e più sulle anche: è anche per questo motivo che questo esercizio gli viene richiesto solo quando incomincia a ben conoscere la mano e le gambe e si sposta di lato con faci­lità.

La difficoltà delle volte rovesciate consiste nel piegare il Cavallo alla mano a cui va, a far marciare per prime le spalle e a saperle trattenere nei quattro angoli del quadrato per disporre le anche sull'altra linea, cosa che il Cavallo non mancherà di eseguire con facilità ed in poco tempo se prima è stato reso sciolto e obbedien­te in groppa al muro, lezione a cui bisognerà ritornare se egli si difende nel qua­drato stretto in cui si deve contenere un Cavallo per fare ciò che si chiama volta rovesciata.

Non appena il Cavallo obbedirà prontamente su due piste, alle due mani, su dei quadrati larghi e stretti alla lezione delle volte rovesciate, bisognerà metterlo sulla volta ordinaria, tenendogli la groppa verso il centro e la testa e le spalle di fronte, e a due o tre piedi al di qua della parete, in modo che le spalle descrivano il quadrato più grande e la groppa, stando verso il centro, il più piccolo. Bisogna arrotondare ciascun angolo con le spalle, portando e girando diligentemente la mano sull'altra linea, tenendo le anche in posizione ferma quando si gira il treno anteriore, ma la pista delle anche deve essere comunque quadrata. Conducendo così un Cavallo di lato da un angolo all'altro, egli non cadrà mai nella volta, né sarà intavolato: quest'ultimo difetto è importante poiché storpia le anche e rovina i garretti di un Cavallo, difetto che qualche uomo di Cavalli attribuisce alle volte in generale; ma è senza dubbio delle volte intavolate e acculate di cui essi voglio­no parlare, poiché non posso credere che un Cavaliere sensato possa tenere un tale discorso riguardo a un'aria che fa così ben apparire l'obbedienza e la genti­lezza di un Cavallo, che abbellisce il suo movimento e dona una grazia infinita al Cavaliere che esegue bene questo esercizio.


Il dotto Signor de la Broue, che per primo ha trovato la correttezza e la propor­zione delle belle volte, dona ancora un'eccellente lezione per preparare un Cavallo a quest'aria. Consiste nel portarlo, prima al passo di scuola, dritto e su una pista sui quattro lati di un quadrato, la testa piazzata all'interno e, all'estre­mità di ciascun lato, quando le anche sono arrivate nell'angolo che forma il riscon­tro dell'altra linea, girare le spalle fino a che esse siano arrivate sulla linea delle anche, come si può vedere dalla tavola. Questa lezione è tanto migliore in quan­to mantiene un Cavallo dritto sulle sue gambe e gli dona una grande morbidezza di spalle. I passi fatti diritti gli tolgono l'occasione di ritenersi e di accularsi e l'ar­rotondamento delle spalle all'estremità di ciascun lato del quadrato, insegna ad un Cavallo a girare con facilità; e le anche, restando ferme e piegate in questo movimento, sono impegnate a sostenere l'azione della spalla e del braccio ester­no. La pratica di queste regole del quadrato, bene adattate alla natura del Cavallo, trattenendo sulla linea dritta quello che pesa o che tira alla mano, cacciando quel­lo che si ritiene, e rendendo diligenti le spalle degli uni e degli altri in ciascun di terreno più stretto, potrebbe stringersi ed accularsi, cosa che non succede se egli è stato prima confermato nel passage su una pista, animato e rilevato, lungo le quattro linee del quadrato della volta; e allorché egli cade o si ritiene, bisogna cacciarlo in avanti, e ugualmente, se si abbandona troppo sulla mano e sulle spal­le, bisognerà farlo indietreggiare. Reso obbediente al passage sulla mezza volta, alla fine della terza linea bisognerà animarlo per fargli fare quattro o cinque tempi di galoppo raccorciato, basso e diligente, poi accarezzarlo; e quando lo si sentirà ben disposto, bisognerà incominciare e finire la mezza volta al galoppo.

Tanto nelle volte, quanto nelle mezza volte, è necessario variare sovente l'ordi­ne della lezione, cambiando di mano e di posto: poiché, se si facessero sempre le mezza volte nello stesso punto, il Cavallo, premeditando la volontà del Cavaliere, le eseguirebbe spontaneamente.

Se succede che il Cavallo resista alle regole della proporzione e della precisio­ne delle volte e delle mezza volte, bisognerà rimetterlo in spalla in dentro e in groppa al muro; in questo modo cesserà la sua irritazione e diminuirà la sua foga; ma questi disordini succedono soltanto a coloro che non seguono la natura e che vogliono spingere troppo i Cavalli ed addestrarli troppo in fretta: bisogna, al con­trario, prepararli per mezzo della scioltezza e della naturalezza e non con la vio­lenza: poiché, mano a mano che un Cavallo diviene morbido e comprende la volontà del Cavaliere, egli non chiede che di obbedire, a meno che non abbia una natura assolutamente ribelle, nel qual caso non bisogna pretendere da lui alcun esercizio regolare, ma una semplice obbedienza, da cui poter trarre il servigio a cui è destinato e che meglio conviene alla sua attitudine.

 

 

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