giovedì 27 agosto 2020

IL LIBRO DEI TORNEI DI RENATO d'ANGIO'

 


Renato d'Angiò, anche noto con il nome di Renato I di Napoli, detto il Buono nacque ad Angers il 16 gennaio 1409. Fu duca d'Angiò e conte di Provenza (1434 - 1480), conte di Piemonte e duca di Bar (1430 - 1480), Re di Napoli (1435 - 1442), re titolare di Gerusalemme (1438 - 1480), nonché re titolare di Aragona. Uomo di guerra, si mise in evidenza in piu’ contesti militari, senza tuttavia riuscire a conquistare il Regno di Napoli.

 L’aspetto che tratteremo in questa sezione è ovviamente legato alla cavalleria e piu’ in particolare alla sua propensione letteraria ed artistica. Si perchè Renato fu conosciuto in patria anche come pittore dilettante e gli vennero attribuiti molti dipinti in Angiò e in Provenza, in molti casi semplicemente perché vi era il suo stemma. Queste opere sono generalmente di stile fiammingo e furono probabilmente eseguite sotto il suo patronato e la sua direzione, quindi si potrebbe dire che formò una scuola di arti in scultura, pittura, oreficeria e arazzi. Due delle più famose opere che gli sono state erroneamente attribuite sono il trittico del Buisson Ardent  ("Roveto ardente"), nella cattedrale di Aix-en-Provence, che mostra i ritratti di Renato e della sua seconda moglie Jeanne de Laval, e un Libro delle ore miniato, conservato nella Bibliothèque nationale a Parigi.

Ma come abbiamo precisato, in questo contesto, lo conosceremo soprattutto per aver redatto nel XV secolo uno dei trattati piu’ seguiti dall’ambiente cavalleresco antico e moderno.



L’origine del Trattato

L’origine e l’ispirazione del trattato dei Tornei non ci è pervenuta anche se vista l’esperienza militare e quindi probabilmente nella gestione delle giostre francesi e napoletane, il Re Renato era ben consapevole di come si svolgesse un evento di questo tipo. La stesura del trattato dovrebbe essere stata realizzata intorno al 1451-1452, ma altre fonti ci fanno pensare che si sia ispirato ad un documento regalatogli da Jaques Luxemburg, Conte di Richebourg di Antoine de la Sale.

Stranamente il trattato di Renato non fu conosciuto prima di qualche decennio dopo grazie a due copie, una in pergamena donata a Carlo VIII nel 1489, ed una seconda in papiro proveniente dalla collezione privata di Gastone d’Orleans, esemplare entrato nella biblioteca del Re nel 1656 con tutti gli altri manoscritti.

Le due stampe inserite nel primo volume denominato Vray theatre d’honneur et de chevalerie di Vulson de la Colombiere, nel 1648, derivano anche loro dal manoscritto di Carlo VIII. Nel 1715 una terza copia entrò nella Biblioteca del Re attraverso il manoscritto dell’erudito Roger de Gaignières: è la copia di un ordine dedicato a Louis de la Gruthuyse , copia che è servita da modello per quella offerta dopo a Carlo VIII. L’esemplare piu’ prossimo all’originale viene denominato n. 2695. E’ rilegato finemente con una copertura marocchina alla fine del XVII secolo di colore verde scuro , scritto su papiro come il manoscritto 2696 ed appartenuto presumibilmente alla fine del XV secolo a Maria di Lussemburgo morta nel 1546. Un’altra copia ce la ritroviamo appartenente a Luigi Francesco de Borbone, Principe di Conti (1717 – 1770), e  protettore di Jean Jaques Rousseau. Discendente in linea diretta da Maria di Lussemburgo, il Principe di Conti lo avrebbe ereditato per matrimonio. Cedette il manoscritto in data che ignoriamo al Duca de la Valliere, illustre bibliofilo, di cui lui stesso se ne disfece nel 1766 donandolo a Luigi XV per la sua biblioteca che lui stesso progetterà. Tuttavia questo progetto non prenderà forma, facendo rimanere il manoscritto nella vecchia biblioteca del Re di fianco alle altre copie in suo possesso.


Il Trattato

Entrando nei meriti del Trattato, c’è da dire che esso rappresenta una descrizione precisa di un’organizzazione di un Torneo e non di una Giostra. Vale la pena ricordare che il Torneo era uno scontro di piu’ Cavalieri, definito dallo stesso Re Renato come “Bohurt” (in italiano bagordo), dove molteplici Cavalieri si sfidavano a squadre in campo aperto.

Il testo presenta una discussione tra il Duca di Bretagna, che interpreta colui il quale invita il Duca di Borbone a seguirlo nell’impresa e nello scegliere i Cavalieri piu’ adatti. Il Torneo viene dunque accettato, arriva la scelta di quattro giudici degli araldi e di tutti gli aiutanti. Dopo una digressione su diverse parti delle armi necessarie per il torneo, la storia riprende con la descrizione dettagliata dell'ingresso del Signore nella città con tutto il suo seguito, dove si terrà il torneo, seguiti dall'ingresso dei giudici. Il successivo trasferimento avverrà la  designazione araldica dei partecipanti. Il terzo giorno è dedicato a fornire le liste in un giuramento a seguire le regole per il torneo, e le Signore dovranno intervenire in caso di scontro troppo violento.

Arriva infine il giorno del combattimento con gli ordini dettagliati nell’ingresso in Lizza. La sera si festeggia mettendo in evidenza i premi della gara e la designazione dei giudici.


Il Cavaliere d’Onore

Una particolare piccola cerimonia rende il torneo ancora piu’ singolare. Le Dame, con l’accordo dei giudici, scelgono un “Cavaliere d’Onore” tra tutti i Cavalieri del Torneo. Il compito di questo Cavaliere prescelto, è quello di vigilare sul’andamento del Torneo e di evitare che taluni Cavalieri vengano troppo percossi. Una sorta di ancora di salvezza di coloro i quali non riescono brillantemente a combattere a dovere. Si posizionava al centro della Lizza con una lancia sormontata da un velo donato dalle Dame della sera precedente.

Il Cavaliere d’onore avrebbe risposto come segue:

“Ringrazio umilmente le dame per l’onore che mi ha fatto nello scegliermi, anche se ritengo che altri avrebbero avuto piu’ titolo ed onore di me, ma obbedisco alle Signore per svolgere il mio umile dovere, chiedendo sempre perdono per i miei errori.”

Quando il Re d’Armi riterrà che il torneo sia durato abbastanza darà ordine di far suonare le trombe per decretarne la fine. I Cavalieri verranno invitati ad uscire dai due lati del campo in un ordine prestabilito.

Tutti i Cavalieri la sera si riuniranno per festeggiare l’impresa ed il Cavaliere d’Onore restituirà il velo alle Dame ringraziandole per la fiducia riposta.

Viene quindi decretato il Cavaliere piu’ valoroso del torneo a cui verrà dato il premio e verrà invitato a baciare le Dame. Il re d’Armi griderà il motto in tutta la stanza e riprenderanno le danze in onore del vincitore.

Ci saranno anche dei premi minori per chi ad esempio avrà rotto piu’ lance, o per colui il quale sia rimasto piu’ tempo a cavallo senza perdere le armi o il cimiero. Come possiamo vedere dalla dinamica generale, i tre giorni sono affrontati con la volontà di fare festa, lodando e onorando i due Duchi che hanno organizzato il tutto e che dovranno poi pagare tutte le spese organizzative, dei giudici, del Re d’Armi e di tutto il resto come ben evidenziato nel trattato.

Al Cavaliere che ha vinto, si consiglia di pagare e contribuire alle spese.



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