Renato d'Angiò, anche noto con il nome di Renato I di Napoli, detto il Buono nacque ad Angers il 16 gennaio 1409. Fu duca d'Angiò e conte di Provenza (1434 - 1480), conte di Piemonte e duca di Bar (1430 - 1480), Re di Napoli (1435 - 1442), re titolare di Gerusalemme (1438 - 1480), nonché re titolare di Aragona. Uomo di guerra, si mise in evidenza in piu’ contesti militari, senza tuttavia riuscire a conquistare il Regno di Napoli.
Ma come abbiamo precisato, in questo contesto, lo conosceremo soprattutto per aver redatto nel XV secolo uno dei trattati piu’ seguiti dall’ambiente cavalleresco antico e moderno.
L’origine del Trattato
L’origine e l’ispirazione del trattato dei Tornei non ci è pervenuta anche se vista l’esperienza militare e quindi probabilmente nella gestione delle giostre francesi e napoletane, il Re Renato era ben consapevole di come si svolgesse un evento di questo tipo. La stesura del trattato dovrebbe essere stata realizzata intorno al 1451-1452, ma altre fonti ci fanno pensare che si sia ispirato ad un documento regalatogli da Jaques Luxemburg, Conte di Richebourg di Antoine de la Sale.
Stranamente il trattato di Renato non fu conosciuto prima di qualche decennio dopo grazie a due copie, una in pergamena donata a Carlo VIII nel 1489, ed una seconda in papiro proveniente dalla collezione privata di Gastone d’Orleans, esemplare entrato nella biblioteca del Re nel 1656 con tutti gli altri manoscritti.
Le due stampe inserite nel primo volume denominato Vray theatre d’honneur et de chevalerie di Vulson de la Colombiere, nel 1648, derivano anche loro dal manoscritto di Carlo VIII. Nel 1715 una terza copia entrò nella Biblioteca del Re attraverso il manoscritto dell’erudito Roger de Gaignières: è la copia di un ordine dedicato a Louis de la Gruthuyse , copia che è servita da modello per quella offerta dopo a Carlo VIII. L’esemplare piu’ prossimo all’originale viene denominato n. 2695. E’ rilegato finemente con una copertura marocchina alla fine del XVII secolo di colore verde scuro , scritto su papiro come il manoscritto 2696 ed appartenuto presumibilmente alla fine del XV secolo a Maria di Lussemburgo morta nel 1546. Un’altra copia ce la ritroviamo appartenente a Luigi Francesco de Borbone, Principe di Conti (1717 – 1770), e protettore di Jean Jaques Rousseau. Discendente in linea diretta da Maria di Lussemburgo, il Principe di Conti lo avrebbe ereditato per matrimonio. Cedette il manoscritto in data che ignoriamo al Duca de la Valliere, illustre bibliofilo, di cui lui stesso se ne disfece nel 1766 donandolo a Luigi XV per la sua biblioteca che lui stesso progetterà. Tuttavia questo progetto non prenderà forma, facendo rimanere il manoscritto nella vecchia biblioteca del Re di fianco alle altre copie in suo possesso.
Entrando
nei meriti del Trattato, c’è da dire che esso rappresenta una descrizione
precisa di un’organizzazione di un Torneo e non di una Giostra. Vale la pena
ricordare che il Torneo era uno scontro di piu’ Cavalieri, definito dallo
stesso Re Renato come “Bohurt” (in italiano bagordo), dove molteplici Cavalieri
si sfidavano a squadre in campo aperto.
Il testo presenta una
discussione tra il Duca di Bretagna, che interpreta colui il quale invita il
Duca di Borbone a seguirlo nell’impresa e nello scegliere i Cavalieri piu’
adatti. Il Torneo viene dunque accettato, arriva la scelta di quattro giudici
degli araldi e di tutti gli aiutanti. Dopo una digressione su diverse parti
delle armi necessarie per il torneo, la
storia riprende con la descrizione dettagliata dell'ingresso del Signore nella
città con tutto il suo seguito, dove si terrà il torneo, seguiti dall'ingresso
dei giudici. Il successivo trasferimento avverrà la designazione araldica dei partecipanti. Il
terzo giorno è dedicato a fornire le liste in un giuramento a seguire le regole
per il torneo, e le Signore dovranno intervenire in caso di scontro troppo
violento.
Arriva infine il giorno del
combattimento con gli ordini dettagliati nell’ingresso in Lizza. La sera si
festeggia mettendo in evidenza i premi della gara e la designazione dei
giudici.
Il Cavaliere d’Onore
Una particolare piccola cerimonia rende il torneo ancora piu’
singolare. Le Dame, con l’accordo dei giudici, scelgono un “Cavaliere d’Onore” tra tutti i Cavalieri
del Torneo. Il compito di questo Cavaliere prescelto, è quello di vigilare
sul’andamento del Torneo e di evitare che taluni Cavalieri vengano troppo
percossi. Una sorta di ancora di salvezza di coloro i quali non riescono
brillantemente a combattere a dovere. Si posizionava al centro della Lizza con
una lancia sormontata da un velo donato dalle Dame della sera precedente.
Il Cavaliere d’onore avrebbe risposto come segue:
“Ringrazio umilmente le dame per
l’onore che mi ha fatto nello scegliermi, anche se ritengo che altri avrebbero
avuto piu’ titolo ed onore di me, ma obbedisco alle Signore per svolgere il mio
umile dovere, chiedendo sempre perdono per i miei errori.”
Quando il Re d’Armi riterrà che il torneo sia durato abbastanza darà
ordine di far suonare le trombe per decretarne la fine. I Cavalieri verranno
invitati ad uscire dai due lati del campo in un ordine prestabilito.
Tutti i Cavalieri la sera si riuniranno per festeggiare l’impresa ed
il Cavaliere d’Onore restituirà il velo alle Dame ringraziandole per la fiducia
riposta.
Viene quindi decretato il Cavaliere piu’ valoroso del torneo a cui
verrà dato il premio e verrà invitato a baciare le Dame. Il re d’Armi griderà
il motto in tutta la stanza e riprenderanno le danze in onore del vincitore.
Ci saranno anche dei premi minori per chi ad esempio avrà rotto piu’
lance, o per colui il quale sia rimasto piu’ tempo a cavallo senza perdere le
armi o il cimiero. Come possiamo vedere dalla dinamica generale, i tre giorni
sono affrontati con la volontà di fare festa, lodando e onorando i due Duchi
che hanno organizzato il tutto e che dovranno poi pagare tutte le spese
organizzative, dei giudici, del Re d’Armi e di tutto il resto come ben
evidenziato nel trattato.
Al Cavaliere che ha vinto, si consiglia di pagare e contribuire alle
spese.
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